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Laureata dell’Università di Macerata vince il premio Regeni

Laureata dell’Università di Macerata vince il premio Regeni

Con una tesi magistrale sul crimine di genocidio nel diritto internazionale
2023-02-17T11:35:00+01:00

Veronica Botticelli, laureata in Giurisprudenza all'Università di Macerata nel 2019, ha vinto il premio per tesi di laurea magistrale "Valore della conoscenza e della ricerca per la tutela dei diritti umani" istituito dal Ministero dell'Università e della Ricerca in memoria di Giulio Regeni. Il tema del lavoro era “Il crimine di genocidio nel diritto internazionale: un’unica fattispecie, due differenti regimi di responsabilità”, con il relatore Paolo Palchetti. Attualmente Botticelli, dottoranda di ricerca in Diritto internazionale pubblico all’Università di Padova, è a Lussemburgo all’Istituto Max Planck di Diritto processuale internazionale, europeo e regolamentare per le sue ricerche.

Sono estremamente felice e grata di aver ricevuto questo importante premio per due ragioni in particolare – commenta la studentessa -. Anzitutto, sono convinta che si tratti di un riconoscimento non soltanto individuale, ma anche in grado di dare lustro all’elevata qualità della didattica e della ricerca che il Dipartimento di Giurisprudenza (e non solo) dell’Università di Macerata sta promuovendo da diversi anni, essendo solidamente riconosciuto come vera e propria eccellenza nazionale. In secondo luogo, avendo deciso di continuare a coltivare il mio interesse per il diritto internazionale frequentando un dottorato di ricerca, mi emoziona e onora sapere di aver raccolto, benché in maniera indiretta e del tutto simbolica, il ‘testimone’ di un giovane ricercatore prematuramente scomparso mentre era all’estero a perseguire la sua passione per la ricerca”.

Cosa riguardava la sua tesi?

 La tesi ha affrontato il complesso rapporto tra la responsabilità internazionale degli Stati e la responsabilità individuale dell’individuo per crimini di genocidio, anche e soprattutto alla luce delle due principali (e, per molti aspetti, controverse) sentenze emesse dalla Corte internazionale di giustizia (Bosnia c. Serbia, del 2007, e Croazia c. Serbia, del 2015, in cui la Corte ha interpretato ed applicato diverse disposizioni della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948), nonché in considerazione della giurisprudenza elaborata dai tribunali penali ad hoc, come quello per l’ex-Iugoslavia e per il Ruanda, istituiti nei primi anni ‘90 sotto l’egida del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite al fine di individuare e processare i capi di Stato e di Governo ritenuti responsabili per le violazioni verificatesi nella città bosniaca di Srebrenica e nella regione ruandese dei Grandi Laghi. Trattasi di una tematica ancora molto attuale, dati i recenti accadimenti che hanno riportato il diritto internazionale al centro di dibattiti e discussioni che ne hanno spesso questionato l’effettivo ruolo, soprattutto alla luce delle esigenze di tutela dei diritti fondamentali degli individui.

Di cosa si occupa attualmente?

Dal ottobre 2020 sono dottoranda di ricerca in Diritto internazionale pubblico presso il Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali dell’Università di Padova, dove sto approfondendo gli aspetti procedurali dei ricorsi tra Stati. Durante gli ultimi anni ho avuto poi modo di effettuare diverse esperienze all’estero. Durante la scorsa estate ho effettuato un soggiorno di ricerca presso la prestigiosa biblioteca del Palazzo della Pace (L’Aia, Paesi Bassi), che ospita la Corte internazionale di giustizia e la Corte permanente di arbitrato internazionale, prendendo altresì parte ai corsi estivi dell’Accademia di Diritto internazionale de L’Aia. Attualmente, invece, mi trovo al Max Planck Institute for International, European and Regulatory Procedural Law di Lussemburgo, dove sto svolgendo un periodo di ricerca finalizzato alla stesura della mia tesi di dottorato, beneficiando di una borsa di studio di sei mesi finanziata dalla Max Planck Society. Nel 2021, infine, ho ottenuto l’abilitazione all’esercizio della professione forense presso la Corte d’Appello di Ancona.

Ha un consiglio da dare a studenti e dottorandi?

Dal momento che sono io stessa ancora una dottoranda, mi piacerebbe – per quel che vale – indirizzare un messaggio principalmente agli studenti e alle studentesse, rivolgendo loro alcune parole che avrei desiderato mi fossero state dette durante gli anni universitari: cercate di pensare al vostro percorso universitario non come ad un percorso ‘ad ostacoli’, ma anzi come ad un vero e proprio percorso di formazione personale ancor prima che didattico-professionale. Non abbiate paura del fallimento: quello sarà sempre ed irrimediabilmente parte integrante della vita di ciascuno di noi, fatta di tante discese, ma anche di salite che possono regalare qualche soddisfazione. Tanto per portare un esempio personale, mi è capitato di fallire diversi concorsi di dottorato prima di iniziare questo percorso: alla fine, passione e tenacia mi hanno portata ad essere dove sono ora e a fare ciò che sto facendo, ma non sono mancati momenti di grande delusione, inadeguatezza, sconforto e tristezza. Siamo persone e, in quanto tali, siamo fallibili. Prendetevi il vostro tempo per conoscervi a fondo e prendervi cura di voi stessi, ancor prima di capire cosa fare in futuro: le idee diventeranno via via sempre più chiare strada facendo.

Mi rendo conto che viviamo in una società in profonda evoluzione, e spesso trovare il proprio posto nel mondo alla luce di tanti, forse troppi, stimoli esterni può rivelarsi un’impresa ardua. Ecco che allora diventa fondamentale guardarsi dentro e abbracciare le nostre attitudini, le nostre inclinazioni personali e le nostre passioni. In questo senso, lo studio non dev’essere vissuto come una costrizione, ma dovrebbe piuttosto essere concepito come uno strumento in grado di esprimere e liberare la personalità di ciascuno di noi, aiutandoci a comprendere chi siamo e mettendo le nostre potenzialità a disposizione della collettività. Sono convinta che, in quest’ottica, l’Università di Macerata rappresenta un ambiente ideale per vivere a pieno il proprio percorso universitario, e non soltanto per il prestigio dell’ateneo. Se, infatti, l’elevata qualità della didattica e della ricerca è riconosciuta oramai a livello nazionale, il vero valore aggiunto dell’ateneo risiede nella comunità che vi gravita attorno e nell’importanza riconosciuta ai rapporti interpersonali. Diversamente da altre realtà, infatti, l’Università di Macerata consente ai propri studenti di instaurare un contatto diretto ed immediato con colleghi, docenti e il resto del personale. Cercate di trarre il meglio da ogni confronto, siate curiosi e approfittate delle innumerevoli opportunità di dialogo e scambio che l’ateneo offre: ne uscirete con un bagaglio esperienziale senza pari, che vi renderà orgogliosi di essere cresciuti umanamente, prima ancora che professionalmente, in un ambiente che ricorderete sempre con affetto e nostalgia.

Ultimo aggiornamento  2024/05/16 15:57:53 GMT+2

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