Gioele Marozzi e la collaborazione con il Cambridge Digital Humanities
È stata pubblicata nella Digital Library dell’Università di Cambridge l’edizione diplomatica digitale dei manoscritti autografi di Giacomo Leopardi conservati presso la biblioteca universitaria del prestigioso ateneo britannico. Condotto in collaborazione con Cambridge Digital Humanities, centro accademico di ricerca sulle Digital Humanities, e sotto la guida di Huw Jones, responsabile della Digital Library, il lavoro è frutto dell’attività di Gioele Marozzi, dottorando dell’Università di Macerata in studi linguistici, filologici e letterari, curriculum Memorie e Digital Humanities, che in accordo con la docente tutor Laura Melosi ha speso il proprio soggiorno di ricerca internazionale lavorando con il gruppo del Cdh.
Raccolti in un codice con legatura in marocchino e decorazioni in oro, i quarantuno manoscritti vennero acquistati dal celebre collezionista anglosassone Charles Fairfax Murray e, nel 1917, vennero ceduti, per volontà del legittimo proprietario alla Biblioteca dell’Università di Cambridge. Si tratta di 36 lettere autografe di Giacomo Leopardi a vari corrispondenti, di due piccoli saggi di traduzione dalle lingue classiche, parimenti autografi, e di altre tre lettere, rispettivamente di Monaldo (una) e Paolina (due) Leopardi.
Tutti i documenti sono liberamente accessibili online collegandosi al link https://cudl.lib.cam.ac.uk/collections/leopardi/1 e sono preceduti da una descrizione del codice che li conserva. Ciascun autografo è corredato da una riproduzione digitale ad alta risoluzione, conforme al framework di Iiif – che offre un livello di accesso alle risorse digitali basato sull’apertura e sulla condivisione - e corredato da un set di metadati che forniscono informazioni sull’autore, sulla data di creazione del documento e sull’eventuale destinatario nel caso delle lettere.
L’edizione diplomatica è consultabile scegliendo la voce “Transcription (diplomatic)” nel menu “View more options” e il tracciato di metadati che ne è alla base, elaborato secondo lo schema Xml-Tei, è scaricabile liberamente attraverso il sito. Allo stesso modo, è possibile effettuare gratuitamente il download delle immagini, per le quali si può estrarre anche il solo manifest, da trasportare e utilizzare in un qualunque database compatibile con il protocollo di visualizzazione di Iiif.
Gioele, come si è trovato a collaborare con il Cambridge Digital Humanisties?
La collaborazione con il CDH è stata estremamente proficua e interessante. Essendo un centro di ricerca che lavora esclusivamente su questioni di informatica umanistica ho avuto la possibilità sia di assistere a lezioni teoriche sia di cimentarmi su questioni pratiche e più tecniche. Purtroppo il lavoro è stato svolto da remoto, a causa delle restrizioni che da marzo 2020 impediscono ai visiting students di accedere alle strutture accademiche; tuttavia, nonostante le difficoltà, ho potuto sperimentare un ambiente molto propositivo, di grande disponibilità e soprattutto di competenza non comune. Uno degli aspetti più interessanti, a mio parere, è consistito nel tipo di didattica proposta: l’accesso al CDH è vincolato a una selezione basata sulla valutazione dei titoli e di un progetto concreto presentato alla commissione, quindi le classi sono piuttosto ridotte. Per quanto mi riguarda ho avuto il piacere di essere inserito in un gruppo di lavoro molto piccolo, pertanto ho partecipato a seminari e workshop con una quindicina di persone al massimo, e la maggior parte delle volte ho assistito a lezioni tagliate “su misura” per le quali ero l’unico presente. Essendo improntata al pragmatismo e all’approfondimento metodologico, l’esperienza è stata davvero molto utile!
Quanto tempo ha impiegato per eseguire la digitalizzazione dei manoscritti?
Ho iniziato la mia mobilità virtuale il 9 giugno 2021. Avendo lavorato da remoto inframmezzando altre attività a quelle per Cambridge, il lavoro è durato circa tre mesi e ha previsto (oltre alle lezioni “extra”) almeno un incontro settimanale con il tutor, dott. Huw Jones, col quale potevo approfondire questioni di metodo dopo aver avuto circa 15 minuti per esporre l’andamento del lavoro.
Quali sono state le principali difficoltà?
Una grande difficoltà è stata lavorare da remoto: non avere accesso a software specifici presenti in sede o ai manoscritti sicuramente non ha semplificato il lavoro. Da Cambridge hanno subito condiviso con me alcuni spazi virtuali cui potevo accedere per utilizzare risorse peculiari, ma lavorare in presenza avrebbe avuto una gestione completamente diversa (certo… più complessa per alcuni aspetti, ma più semplice per altri).
Cosa, invece, le ha dato più soddisfazione?
Ho amato l’ambiente estremamente collaborativo, la velocità nelle comunicazioni e la possibilità di lavorare con professionisti eccezionali. Il dott. Huw Jones non ha fatto mai mancare il suo appoggio alle mie attività, rendendosi reperibile anche nel weekend (sempre tramite mail). Mi sono sentito davvero parte di un gruppo!
Perché è importante rendere accessibili documenti del genere?
Le ragioni sono numerose. In primo luogo la digitalizzazione permette di accorciare le distanze. Io stesso sono stato virtualmente a Cambridge rimanendo seduto alla scrivania. Oltretutto, avere a disposizione immagini di manoscritti e beni culturali in generale costituisce una sorta di garanzia in caso di catastrofi di qualunque tipo: incendi, allagamenti, terremoti potrebbero distruggere per sempre un prodotto fisico, ma con la digitalizzazione avremmo almeno un surrogato virtuale da poter custodire come “traccia” dell’originale. Altro vantaggio consiste nella possibilità di vedere contemporaneamente “oggetti” che altrimenti non si potrebbero mai confrontare, perché conservati in luoghi distantissimi (pensiamo alle lettere di Leopardi a Carlo Antici: di quelle oggi note in originale, una si trova negli Stati Uniti, una a Casa Leopardi e un’altra a Forlì. Vederle contemporaneamente sarebbe impossibile. La digitalizzazione, invece, lo consente). Se poi dalla digitalizzazione intesa come “immagine” ci si sposta a quella intesa come “trascrizione”, i vantaggi sono ancora diversi! Ne cito uno tra gli altri, e forse il più “banale”: se volessi vedere quante volte Leopardi cita la parola “amore” nello Zibaldone cartaceo, sarei obbligato a leggere 4526 pagine. Cercando la parola in un testo trascritto digitalmente, otterrei in pochi secondi un risultato accurato.
A cosa sta lavorando ora? Quali saranno i suoi prossimi impegni?
In questo momento sto scrivendo la mia tesi di dottorato, la “summa” di tutto il lavoro che ho condotto in questi tre anni di studio e ricerca. Il futuro è un orizzonte sempre molto difficile da indagare, ma spero di poter continuare ad approfondire temi e percorsi che ho iniziato ad affrontare in questo periodo, per raggiungere sempre nuove competenze e conoscenze!