Carla EUGENI, Raffaele TUMINO, La dolcezza psichiatrica di Adelmo SICHEL
Cosa significa oggi essere una persona? Qual è la sua Grundformen originaria? Queste domande sono al centro del pensiero di Adelmo Sichel. Lo psichiatra reggiano mette al centro delle sue riflessioni l’essere-con gli altri. Questa attenzione alla persona in relazione, lungi dall’essere obsoleta, appare quanto mai attuale in un’epoca come la nostra segnata dalla precarietà, dalla finitezza, dalla fragilità. Si impone, con lo psichiatra reggiano, una riscoperta della «cura» come una forma originaria di reciprocità responsabile, che assomiglia alla figura etica dell’alleanza più che a quella mercantile del ''contratto''. La relazione di cura domanda anche una cura della relazione. La visione antropologica che emerge in Sichel è quella di soggetti che lavorano in relazione con altri e la cui autonomia emerge attraverso un processo complesso di crescita e di sviluppo che prevede la consapevolezza della reciproca interdipendenza. Ma, soprattutto, appare decisivo il riconoscimento della comune vulnerabilità. Se è vero che tale condizione è più presente in alcune categorie di persone e emerge con particolare evidenza in determinate fasi dell’esistenza, essa si configura come una condizione strutturale della vita umana che ne evidenzia la fragilità e quindi il bisogno del sostegno, della solidarietà, in una parola, della cura. Ne deriva che tutti gli esseri umani, in un momento o nell’altro della loro vita, sono non solo oggetti ma soggetti di cura e, quindi, non si limitano a ricevere ma donano cura. Di fronte a una contemporaneità segnata dalla crisi, che investe il senso stesso di identità, è sempre più importante che gli operatori dell’educazione sappiano restituire i singoli alla propria storia. Riconducendo, anche, i significati personali e individuali alla storia collettiva, riconnettendo il malessere e il disagio individuale a quello delle collettività e della società cui tali individui fanno parte. In un lavoro che attinge a piene mani nel mistero dell’umanità e della vita, l’incontro/scontro con il “limite” è l’incontro con la malattia o il disagio “dichiarato” e anche con quello ''taciuto'', ma è anche lo scontro con le restrizioni della «organizzazione».
Il tratto distintivo delle vicende umane e scientifiche dello psichiatra reggiano è proprio la consapevolezza di un nesso tra società, psichiatria e persona, tra pratica medico-psichiatrica e impegno politico volto a cambiare l’esistente. Significa, ancora, proporre la cura come valore capace di informare la vita pubblica e di progettare un’agenda politica rinnovata, attenta ai problemi ignorati dalla politica tradizionale. Il successo materiale della nostra civiltà è stato formidabile ma ha prodotto drammatici insuccessi morali: il degrado della solidarietà, le nuove povertà, il dilagare degli egocentrismi, un malessere psichico diffuso e indefinito. Oggi è visibile una reazione, certo ancora embrionale, fatta di tentativi dispersi, individuali o comunitari, di riformare la propria vita, di ricercare forme di convivialità, di ricreare uno spirito di solidarietà, di intessere nuovi legami sociali. A questi movimenti di vera e propria riforma civile, spetta il compito di reintegrare queste istanze di natura etica nella politica per rigenerarla.
Le principali categorie dell’antropologia medico-filosofica sicheliana sono la singolarità (il vissuto, la storicità e la personalità) e la differenza dell’individuo (la sua irripetibilità e la sua peculiarità) e soprattutto, i concetti di naufragio e di situazione-limite (Grenzsituation). Questi concetti non sono solo alla base della sua visione medico-psichiatrica, ma costituiscono altresì i pilastri della successiva riflessione filosofica, della sua polemica socio-politica e del suo impegno politico. Ma il movente primo da cui muove la ricerca di Adelmo Sichel deve essere cercato in K. Jaspers in quanto egli ha saputo ricomporre la persona (del paziente) nella sua totalità e rigenerare la psichiatria nella cura del paziente. Scrive lo stesso A. Sichel:
“La cura del malato di mente diventa una pratica rivolta alla totalità dell’essere umano. Per questa ragione il medico deve essere ben altro che soltanto un medico e deve conoscere di sé le infinite potenzialità di cui può disporre e gli enormi limiti a cui è soggetto. Dalla lezione di Jaspers non si apprende una tecnica terapeutica ma si impara che nel rapporto psicoterapeutico, allo sfumare dell’ultima risorsa tecnica, si può ancora disporre di una “dolcezza psichiatrica” che apre la strada ad un investimento del terapeuta, come persona, che può ancora raggiungere le parti più profonde e nascoste del paziente. La cura del malato di mente ci appare allora un processo che ha le stesse aperture e gli stessi confini della vita”.
Questo comporta dal punto di vista clinico non essere invasivi, né indulgere alle facili etichettature (Benasayag‑Schmidt, L’epoca delle passioni tristi), ma piuttosto disporsi all’ascolto, all’attesa e all’inatteso come dono pedagogico della relazione medico/paziente. La sua lezione rimane intatta per chi voglia lavorare sul campo, disponibile a diversi modi di porsi ed a un necessario decentramento osservativo per riuscire a cogliere segni e segnali impercettibili da postazioni istituzionalizzate.
L’obiettivo è ricontestualizzare e non decontestualizzare. Pensare in termini di de-centramento osservativo rispetto ai fenomeni che si vorrebbe osservare entra in collisione con quella cultura ''aziendalistica'', ''contrattualista'' imperante preoccupata dal voler sempre ''catalogare'', ''possedere'', in sintonia con un pensiero considerato ''unico''. Se non si è disposti minimamente a mettersi in discussione, a scommetter-si, a creare nuove modalità organizzative di pensiero/azione, sarà difficile poter dare maggiore ascolto alla sofferenza mentale. In queste prospettive l’incontro con l’altro rischia di diventare l’incontro con un’altra cosa, un altro oggetto. L’altro si incontra non si costruisce! Per una nuova modalità di osservazione è utile anche una semiotica tutta sicheliana più attenta a cogliere aspetti a cui non si è abituati come la comunicazione non-verbale, la postura, la gestualità che possono sfuggire se si fa riferimento solo ad una cultura verbo-centrico.
Da Sichel possiamo apprendere quanto sia importante una lettura transdisciplinare non perdendo mai di vista il focus e la mission che ha dato origine alla nostra ricerca: nella diagnosi e cura della sofferenza mentale, nel caso di Sichel, concorrono l’antropologia, la filosofia, la storia (della propria disciplina e anche quella della comunità politica e sociale), un’autentica cultura letteraria. Se infatti rivolgessimo uno sguardo diverso sul nostro stesso lavoro, potremmo notare quante volte ci siamo trovati nel bel mezzo di interzone dai contorni sfumati, dove erano state varcate le cosiddette ''soglie di competenza''. Non è sufficiente nella società che si va configurando attenersi solo ad un mandato ''neutro'', ''istituzionale''. Ogni problema tecnico o d’intervento terapeutico non può rimanere scollegato dal pensiero che influenza i nostri atteggiamenti. L’operatore del futuro è un ''operatore di confine'' perché dovrà posizionarsi in compagnia di un pensiero nomade pronto ad attraversamenti interni-esterni insiti in ogni processo culturale.
INTRODUZIONE
IL SENTIERO VERSO SE STESSI di Carla Eugeni e Raffaele Tumino
1. L’ITINERARIO ESISTENZIALE E INTELLETTUALE DI ADELMO SICHEL di Raffaele Tumino
1.1. Σοφία e φρόνησις nell’uomo-psichiatra
1.2. Tempi e luoghi della formazione umana e scientifica
1.3. Le fonti della dolcezza psichiatrica
1.4. Il fronte della psichiatria fenomenologica italiana al tempo di Adelmo Sichel
1.5. La legge Basaglia: un nuovo approccio nella cura della sofferenza psichica
2. I MODI DELL’INCONTRO. IDEE PER UNA PSICOTERAPIA FENOMENOLOGICA di Carla Eugeni
2.1. La relazione dischiude orizzonti di senso
2.2. Le coordinate filosofico-culturali di Adelmo Sichel
2.3. La dialettica sicheliana dell’Io e del Sé
2.4. I luoghi autentici dell’incontro psicoterapeutico
2.5. Le azioni molteplici ed eterogenee della cura
3. LE VERITÀ DEL NULLA di Carla Eugeni
3.1. Le trame del vissuto e del vivere 1
3.2. Il daimon dell’irrazionalità
3.3. Lo spazio-luogo del nulla
3.4. Silentio nihil
4. LINGUAGGI DELLA COMPLESSITÀ, LINGUAGGI DELLA PSICOSI di Carla Eugeni
4.1. Gli scritti minori
4.2. La Sorgente e il Fiume: metafore dell’umana ventura
4.3. La valenza semantico-terapeutica del simbolo tra mytos e logos
5. PENSIERI INTERROTTI E LA DOLOROSA FELICITÀ di Raffaele Tumino
5.1. La scrittura autoanalitica
5.2. Storie di vita
5.3. Risonanze pedagogiche dell’autobiografia come pratica di autoformazione
6. LE COMPETENZE SPIRITUALI NELLA CURA di Raffaele Tumino
6.1. Delle competenze spirituali
6.2. Dell’amore nella cura
6.3. Ingenuità, spiritualità e scienza del terapeuta
7. IL PARADIGMA DELLA CURA, OGGI di Raffaele Tumino
7.1. Lo sguardo sulla cura nella riflessione pedagogica contemporanea
7.2. La ricerca esistenziale che accomuna sapere psichiatrico e sapere pedagogico 167 7.3. Una ulteriore sollecitazione per rileggere A. Sichel: l’approccio complementarista
BIBLIOGRAFIA GENERALE