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In MEMORIA di Enrico BERTI

Con la scomparsa di Enrico Berti la filosofia e, in particolare, la Storia della filosofia antica hanno perso uno studioso di altissimo livello.

Nato nel 1935, Berti ha conseguito la laurea in Filosofia all'Università di Padova nel 1957, come allievo di altro importante storico della filosofia, ricco di molteplici interessi teoretici e pedagogici, Marino Gentile; dal 1965 al 1971 ha insegnato Storia della filosofia antica e Storia della filosofia all’Università di Perugia, per poi tornare nella sua Padova, che ha illustrato come ordinario di Storia della filosofia fino al 2009, continuando poi in qualità di professore emerito. In questa Università ha coperto molti ruoli, tra cui quello di direttore del Dipartimento di Filosofia (1997-2003), del Centro Interuniversitario per la Storia della tradizione aristotelica (2000-2008) e della Scuola di dottorato in Filosofia (2003-2009).

La sua fama internazionale lo ha portato a essere titolare di cattedra in molte altre prestigiose sedi universitarie, tra cui quelle Pontificie (Università Gregoriana nel 2000, Università della Santa Croce nel 2005, Università di Santa Fé nel 2008). Non bisogna infatti dimenticare che egli è stato sempre un credente, un praticante che non ha mai ostentato la sua fede e non l’hai mai trasformata in un bagaglio ideologico. A tale opzione è rimasto legato fino alla fine, come conferma il fatto che, oltre ad aver aderito a “Persona al Centro. Associazione per la filosofia della persona”, ha tenuto, per il Centro Studi Filosofici di Gallarate nel LXXVI convegno a fine del settembre scorso, una relazione dal titolo Ontologia della persona.

Molti e importanti sono stati i suoi incarichi di direzione scientifica: è stato membro del Comitato consultivo del Consiglio Universitario Nazionale per la filosofia (1987-1997), presidente dell’I.R.R.S.A.E. (Istituto Regionale per la Ricerca, la Sperimentazione e l'Aggiornamento Educativo) del Veneto (1978-1983), presidente nazionale della Società Filosofica Italiana (1983-1986, 1995-1998), vice-presidente della FISP (Fédération Internationale des Sociétés de Philosophie) dal 2003 al 2008, vice-presidente dell’Institut International de Philosophie (Paris) dal 2006 al 2009, presidente del Consiglio Scientifico del Centro di Studi Filosofici di Gallarate dal 2008 al 2011, presidente onorario dell’Institut International de Philosophie (dal 2011 al 2014), Socio dell'Accademia Nazionale dei Lincei (Roma); membro della Pontificia Accademia delle Scienze, della Pontificia Accademia di San Tommaso, della International Academy for Philosophy, dell'Institut International “Jacques Maritain”, della “Société Européenne de Culture”.

A completamento di questa lunga e onorata carriera nel 2013 gli è stata attribuita la carica di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.

Com’è noto, la tematica fondamentale cui si è dedicato riguarda Aristotele, che egli ha cominciato a studiare procedendo controcorrente, perché in quegli anni lo Stagirita era considerato un filosofo superato. Così, quando pochi anni dopo si è aperto il dibattito sulla riabilitazione della filosofia pratica, in cui Aristotele è stato presente in modo certo non secondario, Berti ha potuto dare tutto il suo contributo, intrecciando questo suo “specialismo” con ulteriori studi sul piano della filosofia contemporanea e con una riflessione sulla lunga storia della metafisica occidentale.

Impossibile citare le decine di monografie tradotte in più lingue e l’infinità di articoli che ha scritto nel corso della sua lunga vita di studioso. Elenchiamo solo alcune opere troppo importanti per non essere ricordate: La filosofia del primo Aristotele, Cedam, Padova 1962, giustamente ripubblicata da Vita e Pensiero, Milano 1997; Aristotele: dalla dialettica alla filosofia prima, Cedam, Padova 1977, ripubblicata da Bompiani “con saggi integrativi”, Milano 2004; Contraddizione e dialettica negli antichi e nei moderni, Palermo, L'Epos, 1987, Storia della filosofia, Dall’antichità a oggi, in collaborazione con uno dei suoi maggiori allievi, Franco Volpi, poi prematuramente scomparso, Laterza, Roma-Bari 1991, più volte ristampata; Aristotele nel Novecento, Roma-Bari, Laterza, 1992. Questo lungo itinerario è poi stato chiuso provvidenzialmente e perfettamente con una nuova e originale traduzione della Metafisica di Aristotele, Roma-Bari, Laterza, 2017.

Negli ultimi anni Berti ha avuto anche il giusto riconoscimento di vedere molti dei suoi (ormai introvabili) articoli raccolti nei Nuovi studi aristotelici, Morcelliana, Brescia, 2004-2010, più volte ripubblicati. Va poi ricordata la raccolta Saggi di filosofia teoretica, Studium, Roma 2021, in cui egli interviene nel dibattito teorico italiano e internazionale, discutendo con filosofi contemporanei importanti come Lucio Colletti ed Emanuele Severino, e proponendo il tipo di metafisica che riteneva ancora proponibile, basata sulla (aristotelica) ricerca delle cause prime, che porta a una problematizzazione radicale del mondo empirico e all’affermazione della necessità di un principio trascendente.

 

Un ricordo 

Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente Berti, anche se molto tardi, quando finalmente, a cinquant’anni, è cominciata la mia vita accademica. Lui ha mostrato immediatamente il suo stile generoso, parlandomi dei libri che avevo scritto nei decenni passati e che conosceva. Questa generosità è rimasta la chiave dei nostri numerosi incontri successivi: la conversazione con un individuo amabile, coltissimo, sempre disposto a discutere serenamente di tutto e, soprattutto nel mio caso, a dare consigli che nascevano dalla sua lunga esperienza accademica. Così ha facilitato non poco il mio inserimento e la mia comprensione delle regole che condizionano quel mondo. Il tutto senza mai farlo pesare, senza erigersi a maestro, come pure era, e conservando sempre quel distacco che ne fa uno dei pochi “veri signori” che ho avuto la fortuna di conoscere. Capace di dire ogni cosa accompagnandola con un sorriso, magari ironico, ma mai fuori misura.

Negli scorsi decenni Berti ha avuto un rapporto stretto con gli studiosi di storia della filosofia antica della nostra Università. Lo dimostrano gli Atti dei numerosi convegni cui è intervenuto, dando il suo contributo fin da quello sul Dibattito etico e politico in Grecia tra il V e il IV secolo nel lontano 1996. In questi anni ci ha parlato di Aristotele, di Teofrasto, dell’ermeneutica tipica degli studi di storia della filosofia, affrontando con equilibrio e disponibilità al confronto anche temi spinosi, come “le dottrine non scritte” di Platone”.

Nell’ultimo incontro che abbiamo avuto qualche anno fa, in Svizzera (poi c’è stata la pandemia e lui ha cominciato ad avere problemi di salute), sul ruolo di Platone nella filosofia occidentale, il direttore del dibattito era esterrefatto che un platonista e un aristotelico si trovassero d’accordo su quasi tutto, malgrado i suoi sforzi per provocare polemiche. Al massimo si registrava qualche differenza di accenti. Un ricordo che adesso mi piace avere, insieme a quello delle tante volte che ci siamo trovati diversi, ma d’accordo.

L’insegnamento è una cosa importante e il gruppo degli antichisti di Macerata non è pensabile senza gli scritti e gli interventi di Enrico Berti, compresi quelli su temi sui quali siamo stati esplicitamente in disaccordo, discutendone con molto rispetto per lui. Noi abbiamo sempre detto pubblicamente di aver avuto fortunatamente due maestri: Giovanni Reale ed Enrico Berti.

Ma i ricordi e i rapporti umani sono una cosa diversa: di Enrico ricorderò sempre lo stile calmo e sobrio (l’esatto contrario del mio) con cui esponeva linearmente anche le tematiche più difficili, facendole quasi diventare facili, e il modo con cui ha affrontato anche vere e proprie offese, che ovviamente non sono mancate: un modello di distacco e di gestione sempre corretta delle sue vicende. Così potrò ricordarlo come una persona eccellente sia sul piano umano sia su quello scientifico. Considero una fortuna averlo conosciuto e frequentato a lungo.

Accompagnato dalla riconoscenza di tanti, Riposi In Pace

Maurizio Migliori

 

Un ricordo

Mi associo alle parole del collega Migliori con una testimonianza personale. Ho la fortuna di poter annoverare Enrico Berti tra i maestri che hanno segnato in modo indelebile la mia formazione filosofica. Il primo incontro è avvenuto all’Università di Perugia nel 1969, nel corso di Storia della Filosofia antica, dedicato all’analisi del libro Lambda della Metafisica di Aristotele e alla profonda indagine metafisica sulla sostanza e sul Motore Immobile in esso contenuta. Un libro letto rigorosamente in greco, commentato e discusso con un possesso delle fonti e della letteratura secondaria davvero strabiliante. Ricordo anche i due corsi di Storia della filosofia, tenuti in un’aula magna gremita e insolitamente silenziosa; corsi dedicati rispettivamente alla ripresa di Hegel nell’ambito della Teoria critica della società, e al rapporto tra ragione scientifica e ragione filosofica nella prima modernità. Fatta la tara ai miei entusiasmi giovanili, un magistero filosofico di altissimo livello.

La conoscenza straordinaria di Aristotele non chiudeva il suo insegnamento in una sterile aridità filologica, ma al contrario era in grado di attivare una interlocuzione cordiale e intelligente con il pensiero moderno e contemporaneo, inserendosi fruttuosamente, tra l’altro, nel movimento di “riabilitazione della filosofia pratica”, che in quegli anni andava accendendo il dibattito filosofico. Anche la chiarezza proverbiale delle sue lezioni era frutto di uno stile garbato e dialogico, la cifra di fondo che unificava ricerca e didattica. I nostri rapporti, accademici e umani, non si sono mai interrotti, sempre sul filo di una cordialità discreta e gentile. Al di fuori dell’università, abbiamo collaborato a Roma, nell’Istituto Bachelet, di cui Berti è stato Presidente, e nella rivista Dialoghi, di cui io sono stato direttore. L’ultimo ricordo è legato alla sua relazione, tenuta nel settembre scorso per il Centro di Gallarate, alla quale aveva fatto seguito una discussione molto ampia, che Berti sostenne con una lucidità invidiabile, rispondendo, fra gli altri, al mio intervento in modo da farmi sentire perfettamente interpretato.

Un ultimo tratto, non secondario, della sua biografia intellettuale e morale che vorrei ricordare, riguarda il modo in cui Berti visse a Perugia la stagione della contestazione studentesca e successivamente a Padova gli “anni di piombo”. A Perugia Berti è stato uno dei pochi docenti che partecipava regolarmente alle assemblee studentesche, tenendo aperto un canale di dialogo con tutti e invitando senza timore gli studenti ad evitare violenze e strumentalizzazioni. Nonostante questo – e forse proprio per questo – Berti diventò uno dei bersagli preferiti degli estremisti, a causa dei quali subì, soprattutto a Padova, ignominiosi attacchi personali, ai quali reagì sempre con dignitosa compostezza. Anche di questo è doveroso oggi fare memoria.

Luigi Alici

 

 

 

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