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IKEDA, La VITA. Mistero PREZIOSO

Da più di novant’anni, l’istituzione culturale giapponese Soka Gakkai rappresenta per molti un punto di riferimento. L’associazione, conosciuta ormai a livello internazionale, si adopera affinché quante più persone possibile entrino in contatto con il messaggio di Nichiren Daishonin, maestro e monaco buddhista medievale. La dottrina di Nichiren offriva un’interpretazione del sutra del loto in aperto contrasto con il pensiero tradizionalista, sostenendo la possibilità da parte di ogni essere senziente di accedere allo stato di Buddità. Nonostante i tentativi di soppressione subiti dalla Soka Gakkai da parte di un Giappone, allora indebolito nel suo potere imperiale e minacciato dal buddhismo che si stava sostituendo allo Shintō di stato, l’associazione è attualmente ancora in piena attività. Come terzo presidente in carica della Soka Gakkai, Daisuke Ikeda continua oggi il progetto iniziato nel 1930 con Tsunesaburō Makiguchi e Jōsei Toda.

Daisaku Ikeda nasce a Tokyo nel 1928 e, da quando all’età di 31 anni veste per la prima volta i panni di presidente e guida spirituale dell’associazione, si impegna instancabilmente affinché la filosofia buddhista si diffonda in tutto il mondo. Secondo il filosofo, il Buddhismo non troverebbe giustizia nell’immagine di una religiosità ascetica, lontana dalla vita dell’uomo. Al contrario Ikeda scorge, come i suoi maestri prima di lui, la natura rinnovatrice di questa credenza, riconoscendola come il più evidente sentiero verso una “rivoluzione umana”, costellato di insegnamenti e riscontri concreti. Della vasta produzione letteraria, “La vita. Mistero prezioso” è l’opera che meglio si presta all’intento divulgativo dell’autore, di una filosofia che per sua natura appartiene a tutti.

In quest’opera, Ikeda censura il comportamento disgregativo e bellicoso dell’uomo contemporaneo, oltre che il suo atteggiamento entropico e prevaricatore nei confronti di una natura, troppo a lungo concepita come qualcosa di differente da noi. L’intento educativo di diffusione del messaggio di Nichiren nasconde dunque un’aspra critica alla modernità, senza però commettere l’errore di volerla cancellare del tutto. Infatti, solo alla luce dell’attuale disgregazione promossa dalla nostra epoca è possibile concepire, secondo l’autore, quell’auspicata rivoluzione umana.

La tripartizione dell’opera permette allo scrittore di trattare il tema a diverse profondità. Nella prima parte Ikeda rende chiara la congruenza tra mondo fisico e spirituale; premessa necessaria per poter introdurre il centro nodale dell’intera opera: la Legge Mistica. Il filosofo si riferisce ad essa come alla forza spirituale capace di condensare in sé le infinite possibilità della vita, e la presenta con un efficace paragone con il DNA, nel quale sono iscritte le infinite possibilità di divenire dell’essere umano. L’atteggiamento analitico di Ikeda, con ampi riferimenti alle scienze contemporanee e alla loro utilità, prepara il lettore al primo vero passo nella comprensione più vasta di quello che il buddhismo davvero rappresenta, introducendo i temi di spazio e tempo soggettivi. Concependoli in termini spirituali e fisici, essi si espandono ogni volta che percepiamo la forza vitale fluire in noi, ovvero quando riconosciamo la relazione che lega tra loro gli esseri senzienti, e la loro coesione con la Legge Mistica.

Attraverso le pagine della sezione successiva, emerge tanto la funzione propedeutica dell’opera, quanto la speranza di Ikeda che la “rivoluzione umana” trascini l’uomo fuori dalla “impasse sociale e culturale” che vive oggigiorno. È qui, infatti, che viene esposta la teoria cardine del Buddhismo: i dieci mondi e il loro mutuo possesso. Questa formula si riferisce a dieci diversi sentieri che l’uomo può percorrere. Tra di essi ce ne sono alcuni che vanno evitati, altri che vanno necessariamente attraversati e infine alcuni che vanno assolutamente perseguiti. Oltre a comunicare tra di loro, essi sono presenti fin da subito nell’uomo; sono parte integrante della sua natura. Questo fa sì che l’individuo possa in egual misura raggiungere il mondo della Buddità, così come sprofondare in quello dell’inferno. Quando l’autore scrive <<l’inferno risiede nell’essere umano>> (p. 131) si riferisce proprio al fatto che questo sentiero sia parte di noi e si rende visibile ogni volta che ci lasciamo opprimere dall’angoscia. Per quanto questa teoria possa apparire in un primo momento del tutto astratta, assume subito concretezza quando Ikeda descrive, con le parole di Yōko Ōta, l’orrore che colpì la città di Hiroshima durante la Seconda guerra mondiale. Il filosofo si riferisce alla scrittrice come ad una <<persona a cui è stata tolta la libertà di agire>> e continua <<Questo è esattamente ciò che il buddhismo chiama inferno>>.

Infine, la terza sezione dell’opera si apre con una sfida, quella di concepire diversamente il più grande dei mali: la morte. Di fatti, la morte appare agli occhi dell’uomo illuminato non come la fine di ogni cosa, ma come una sfida da superare. Essa non è altro che la forma distesa e insensibile dell’esistenza, un’esperienza inevitabile ma pur sempre un’esperienza, dunque passeggera e necessaria.

Quello che davvero colpisce del pensiero di Daisuke Ikeda è il compito che affida alla figura dell’uomo illuminato. È dovere del Buddha, infatti, inaugurare quella rivoluzione umana, che il filosofo spera possa diffondersi come la pioggia, e che bagnando gli uomini possa fare germogliare in loro la compassione necessaria a cambiare atteggiamento nei confronti della natura, troppo a lungo martoriata.

IL LIBRO
D. Ikeda, La vita. Mistero prezioso, Giunti editore, Trento 2018

Federico TAVOLETTA

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