FAZIO, Ritorno a Francoforte. Le avventure della nuova TEORIA CRITICA
Che cos’è la teoria critica? E che fine ha fatto? Queste due domande attraversano il ricco lavoro di Giorgio Fazio e trovano una risposta capitolo dopo capitolo. L’autore compie una ricostruzione storica precisa ed esauriente scandita attraverso quattro passaggi: la nascita e il periodo classico della Scuola di Francoforte, la svolta comunicativa apportata da Habermas, il paradigma del riconoscimento elaborato da Axel Honneth e un’ultima fase, quella più recente e giovane, approfondita attraverso il pensiero di Rahel Jaeggi e Hartmut Rosa.
Tornare al pensiero francofortese comprendendone gli sviluppi e l’eredità costituisce, agli occhi di Fazio, una tappa fondamentale per orientarsi nel complesso quadro della critica della società e nel dibattito che attorno ad esso scaturisce. Il ritorno a Francoforte non è dunque un viaggio nostalgico verso ciò che è stato; esso costituisce un cammino necessario per fare luce su ciò che è e potrà essere. Le idee che animarono l’Institut für Sozialforschung a partire dagli anni Trenta del secolo scorso rappresentano ancora oggi un riferimento imprescindibile per «una critica che continui a concepirsi come uno strumento al servizio delle tante lotte per l’emancipazione dall’oppressione che attraversano il mondo contemporaneo» (p.15). Questa è la convinzione da cui il volume prende avvio e che sorregge ogni pagina.
Muovendo da essa, Fazio ricostruisce momento per momento l’evoluzione della teoria critica a partire dal 1930 - anno in cui Horkheimer divenne direttore dell’Istituto per la ricerca Sociale di Francoforte - facendo dialogare gli autori e mettendo a confronto il loro pensiero così da far emergere punti di continuità, elementi di rottura e aspetti critici. Il volume non si limita pertanto a fornire una statica fotografia della storia del pensiero critico, ma ci restituisce la narrazione di un percorso che procede in maniera oscillante tra fughe in avanti e passi a ritroso.
Due momenti fondamentali in questa evoluzione sono senza dubbio rappresentati dal pensiero di Habermas prima e Honneth poi, ai quali sono dedicate due ampie parti del lavoro. L’aspetto su cui Fazio insiste è che attraverso Habermas la teoria critica attua un cambio di paradigma spostando il suo focus sull’interazione comunicativa e radicandosi alla fattualità. L’idea di critica sociale che inizia a farsi strada col maggior esponente della seconda generazione della Scuola di Francoforte accentua il suo carattere immanente e rintraccia, all’interno della realtà sociale, quei criteri normativi necessari alla valutazione e alla trasformazione dello stato delle cose. Focalizzata sulla trama comunicativa della società, la teoria critica - evidenzia Fazio - smette di giudicare dall’esterno una realtà con cui non si sporca le mani e si cala all’interno di essa muovendo dagli attori sociali per ricercare nelle pratiche, norme, istituzioni gli aspetti critici e il potenziale emancipativo.
Dagli anni ’80 questa idea di critica lascia in Habermas sempre più spazio ad un’etica del discorso che, come emerge chiaramente nel volume, si allontana dalla diagnosi sociale in quanto intende mantenersi neutrale nelle questioni riguardanti la giustizia e la vita buona. Honneth, che accusa tale impostazione di un eccesso di formalismo, propone un nuovo paradigma che condivide con quello habermasiano gli aspetti di rottura con la prima generazione francofortese, ma allo stesso tempo si allontana da esso, in quanto individua nell’hegeliana «lotta per il riconoscimento» - e non più nel linguaggio - il luogo verso cui lo sguardo critico deve rivolgersi per rintracciare i criteri normativi e le direzioni di emancipazione.
Accanto al paradigma teorico della lotta per il riconoscimento, Fazio mette in luce come Honneth tenti un “ritorno a Francoforte” riattualizzando la prima Teoria Critica attraverso la filosofia sociale per cui centrale diviene la nozione di patologia sociale che definisce tutte quelle dinamiche e condizioni che ostacolano una vita buona. È in questo contesto che viene recuperata la categoria di alienazione sulla quale insistono Jaeggi e Rosa, esponenti di quella che viene timidamente indicata come quarta generazione della Scuola di Francoforte. Ridefinita e allontanata da ogni essenzialismo e paternalismo, l’alienazione torna ad essere uno strumento importante nella teoria critica della società in quanto permette di diagnosticare quei processi di appropriazione del sé distorti (Jaeggi) e quelle relazioni mute, dove non vi è risonanza (Rosa), che impediscono o deturpano la vita buona.
Ciò che emerge dall’analisi compiuta da Fazio è che quel carattere strettamente immanente inaugurato da Habermas non viene abbandonato dalla più recente teoria critica, ma coesiste assieme al tentativo - che si rivela a tratti poco riuscito - di ritornare alle lezioni di Horkheimer, Adorno e Marcuse. Tentando coraggiosamente di tracciare una caratterizzazione d’insieme, l’autore indica quindi un ultimo cambio di direzione nell’odierna teoria critica in cui l’attenzione torna a focalizzarsi sulle dimensioni più oggettive delle crisi e delle contraddizioni sociali. Oggi si starebbe dunque assistendo ad un «ulteriore spostamento del pendolo della teoria critica» che si dirige «dai movimenti e dalle lotte alle crisi e alle contraddizioni dei sistemi sociali» (pp. 284-285).
Con quest’ultima oscillazione si conclude la narrazione delle vicende della teoria critica raccolte in questo volume. Fazio giunge sino al panorama contemporaneo e arriva a ricostruire, con un ampio riferimento di autori e di testi, gli sviluppi più recenti di una tradizione che, modificandosi e confrontandosi con il presente, continua a dimostrarsi uno strumento imprescindibile nella comprensione della società e del nostro mondo. Ma non soltanto. Ciò che Fazio ha il merito di richiamare più volte, sino alle ultime pagine, è quel carattere sovversivo della critica alla quale spetta anche il difficile compito di tracciare percorsi di emancipazione. Il ritorno al passato serve ad aprire lo spazio per un futuro diverso.