RICOEUR: male, sofferenza e perdono
A nove anni dalla sua scomparsa e ricorrendo nel 2013 il centenario dalla nascita, Paul Ricoeur continua ad interrogarci e a stimolare le riflessioni degli studiosi che si sono in questi due volumi riuniti per commentare due brevi testi dell’autore.
Il primo (Logique, étique et tragique du mal chez saint Augustin), fin ora inedito, è uno scritto conservato negli archivi del Fonds Ricoeur, di datazione incerta, forse composto per un corso del 1957/58, ma più verosimilmente appartenente agli anni 1960/61.
L’importanza di questo testo, oltre il suo valore sistematico e metodologico di ricerca e studio del pensiero agostiniano, è data dal contributo che offre nell’ambito dell’intera riflessione ricoeuriana sul tema del male e non possiamo non collocarlo all’incrocio con altri testi dell’autore quali Finitudine e colpa (in particolar modo la simbolica del male), Il conflitto delle interpretazioni e un articolo contenuto in Storia e verità (ci riferiamo a L’immagine di Dio e l’epopea umana), senza dimenticare ovviamente il piccolo opuscolo, datato 1993, Il male Una sfida alla filosofia e alla teologia.
Ciò che qui è interessante notare, è il doppio livello sul quale la riflessione si sofferma: una prima parte dedicata alla “logica e all’etica del male” ed una seconda invece consacrata al “ritorno del tragico”.
Nella prima si susseguono due momenti, quello ontologico per il quale il male non ha sostanza ed è quindi niente (tesi ripresa anche ne Il conflitto delle interpretazioni) e il momento pratico, la “visione etica del mondo” che Ricoeur aveva già definito, in Finitudine e colpa come la comprensione del male per mezzo della libertà, ovvero l’esplicitazione della volonté mauvaise, la confessione dell’uomo di essere responsabile.
La volonté mauvaise però, non può concludere la riflessione sul male, ed è qui che inizia la seconda parte dello scritto dedicata al tragico: nella consapevolezza lachelieriana che la filosofia può comprendere tutto, anche la religione, Ricoeur si confronta con il fondo inscrutabile del male, ovvero il fatto che esso sia sempre già là.
In questo contesto prende avvio la potenza del mito adamitico, ma ciò che qui l’autore vuole sottolineare, non è tanto il peccato e la colpa, come era per Finitudine e colpa, ma il fatto che Adamo rappresenta un singolare collettivo e in virtù di questo, la nascita non è un puro evento biologico, ma una maniera di trovarsi già costituiti e segnati da collettivi istituzionali e immaginativi che non fanno altro che veicolare un male già presente nella storia.
Se la questione del male attraversa da parte a parte l’opera ricoeuriana, come ci fa notare Olivier Abel nella prefazione a quest’inedito, il problema del perdono, che sembrerebbe subentrare soltanto alla fine delle riflessioni del filosofo, in realtà potrebbe essere letto all’inverso e dunque considerato come la capacità necessaria a dire il male agito e quello subito.
In questa linea di lettura si inseriscono gli interventi scaturiti da una giornata di studio organizzata dal Centre Sèvres di Parigi e poi confluiti nel libro Souffrance et douleur. Guilhem Causse, rilegge l’idea di perdono non come capacità di dimenticare, bensì come forma fondamentale di memoria, che si trova all’inizio e alla fine del rapporto con la colpa e il male. Alain Thomasset, riprendendo l’idea ricoeuriana di uomo come singolare-collettivo, focalizza l’attenzione sul risvolto etico ed antropologico del perdono che rigenera le nostre capacità di agire nel mondo, costituendosi come immaginario collettivo in grado di donare presenza ai valori dell’uomo. Jérôme Porée, si concentra sul tema della confessione come patetica della colpa (lavoro di pentimento), pragmatica del linguaggio (comunicando, l’uomo si trasforma interiormente) ed ermeneutica del senso, grazie alla quale la confessione trova la sua miglior ragione di sperare proprio nel perdono, considerato come la possibilità di una seconda innocenza.
Il contributo di Frédéric Worms, indagando la profondità dell’antropologia narrativa ricoeuriana e ponendo in relazione il male con i limiti del racconto davanti a racconti insopportabili e a sofferenze inesprimibili, è ciò che ci permette di introdurre il secondo testo del filosofo (La souffrance n’est pas la douleur), pronunciato nel 1992 in occasione di un colloquio organizzato dall’Association Français de Psychiatrie.
La prima analisi è linguistica: il dolore sarebbe tutto ciò che è localizzato negli organi corporei, la sofferenza invece, tutto ciò che riguarda la riflessività, il rapporto con sé e con gli altri. Tale distinzione però, nota Ricoeur, viene meno già nell’uso comune; diciamo infatti di provare dolore per la perdita di un amico e viceversa di soffrire per un mal di denti. La distinzione quindi non è così semplice e il filosofo prova ad analizzare la questione seguendo due assi fondamentali.
Il primo asse è quello sé – altri: identificandosi nella massima “Soffro, dunque sono”, il soggetto si scontra con le quattro figure della separazione (l’insostituibile, l’incomunicabile, la ferita, l’inferno).
Il secondo asse è quello agire – patire: l’homme capable in grado di parlare, fare, narrare ed imputare, si trova, nel momento in cui soffre, ad non essere più capace di svolgere le attività che lo rendono tale ed è quindi soggetto ad una forma estrema di passività che lo fa ripiegare su di sé.
L’analisi del filosofo è legata però ad un terzo asse che si interroga sulla portata esistenziale della sofferenza. Più che insegnare qualcosa (ci si riferisce qui al pathei mathos dei Greci), la sofferenza interroga e risveglia la dimensione etica e filosofica, costituendosi come una figura del male che non si limita ad essere, ma è in eccesso.
Il breve testo ricoeuriano segna dunque, in un certo senso, la prosecuzione della riflessione sul male che il filosofo aveva iniziato molti anni prima, già a partire dagli anni ’60, ma qui l’interesse principale verte su nuovi orientamenti, così come è dimostrato dai contributi che seguono il testo ricoeuriano.
Frédéric Worms, analizza la sofferenza in rapporto al patire che inverte ogni capacità di agire e segna l’impotenza di relazionarsi all’altro. Se da una parte però, la sofferenza segna la decostruzione del soggetto, per altro verso, essa non è muta, ma parla e grida, rinnovando continuamente lo slancio etico.
Claire Marin, riprende il tema lévinasiano del volto per spiegare che la sofferenza modifica i nostri tratti fisici e deforma l’essere globale, ciò che deve essere oggetto di cura medica. Se il dolore è localizzato, la sofferenza ci impone di considerare l’uomo come un essere tutto intero, bisognoso di relazione, condivisione e richiedente una restituzione della stima di sé e del legame nello spazio degli uomini.
Per Lazare Benaroyo, la medicina moderna corre il rischio di mancare il senso della sofferenza se questa è incapace di inscrivere il dolore nel tempo dell’esistenza. Sono tre i momenti etici che la sofferenza chiama: l’empatia silenziosa che riconosce la difficoltà di comunicare; la messa a distanza della sofferenza attraverso la narrazione del passato e il processo di re-figurazione del sé che è in grado di liberarsi dando senso alla sofferenza.
Jean-Cristophe Mino, riprende la distinzione di Ricoeur tra dolore e sofferenza e la inserisce nel più ampio dibattito riguardante la separazione occidentale tra corpo e anima. Il corpo è il luogo della malattia e del dolore, l’anima è la condizione della sofferenza, ma spesso questo dualismo non regge al confronto con la pratica e dunque la malattia va considerata come una prova esistenziale a cui deve corrispondere un atto di cura come compito esistenziale e non come mero approccio materialista.
Infine Natalie Rigaux, riprende il senso di passività inscritto nella malattia, in particolar modo l’incapacità di agire e di raccontare e lo applica ai casi concreti di demenza, sottolineando come il contributo ricoeuriano sia utile sia per il riconoscimento della dignità delle persone dementi, sia per focalizzare l’attenzione sull’atto di cura che viene dispensato ai malati.
I LIBRI
Isabelle BOCHET (Ed.), Paul Ricoeur: mal et pardon, Actes de la journée d'étude organisée le 19 janvier 2013 par le Centre Sèvres -Facultés jésuites de Paris et le Fonds Ricœur, Editions des Facultés jésuites de Paris, Paris 2013 ( Avec un texte inédit de P. Ricœur).
Souffrance et douleur, Autour de Paul Ricoeur: Sous la direction de Claire Marin, Nathalie Zaccaï-Reyners, Presses universitaires de France, Paris 2013
GRETA MANCINI


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