Opera lirica e formazione universitaria
di Ermanno Calzolaio*
Il mondo dell’opera rappresenta qualcosa che va ben al di là di uno svago, spesso rappresentato come destinato ad una élite. Esso evoca invece qualcosa che giunge al cuore della nostra fisionomia umana e culturale. Mi ha sempre colpito quello che il “nostro” Giacomo Leopardi scrisse al fratello Carlo in una lettera spedita da Roma (dove si trovava, in occasione di una delle sue rare “uscite” dal “natio borgo selvaggio”) dopo aver assistito al Teatro Argentina alla rappresentazione della Donna del lago di Rossini: “la qual musica eseguita da voci sorprendenti è una cosa stupenda, e potrei piangere anch’io, se il dono delle lagrime non mi fosse stato sospeso”.
Quel “piangere anch’io” esprime in modo impareggiabile la forza evocativa e l’avventura di immedesimazione che l’Opera suscita in chi ascolta di fronte al dramma del significato del vivere e del morire, che accomuna tutti, dai “grandi” (re e regine, principi e principesse) all’uomo con cui viviamo gomito a gomito. Mi sono recentemente imbattuto in questa descrizione di Pavese nei suoi Dialoghi con Leucò: “La vita dell’uomo si svolge laggiù tra le case, nei campi. Davanti al fuoco e in letto. E ogni giorno che spunta ti mette davanti la stessa fatica e le stesse mancanze. […] La fatica interminabile, lo sforzo per star vivi d’ora in ora, la notizia del male degli altri, del male meschino, fastidioso come mosche d’estate – quest’è il vivere che taglia le gambe”.
Andare all’Opera mette ciascuno di fronte a sé, a questo vivere “che taglia le gambe”.
Per questo, non mi sembra affatto scontata la presenza di un teatro così vasto e suggestivo come lo Sferisterio, dove da quasi cinquant’anni si tiene una prestigiosa stagione lirica estiva. E’ certamente una sfida, non solo per la città di Macerata in generale, ma proprio per il nostro Ateneo e sono profondamente convinto che debba proseguire la nuova stagione di sinergie appena avviata.
L’Ateneo nel suo complesso ne deve essere protagonista. Infatti, mentre potrebbero ritenersi più facili ed evidenti le contaminazioni tra l’Opera e le materie letterarie (si pensi alla storia della musica, ma anche ai nessi evidenti con la storia della letteratura italiana e straniera, cui i libretti operistici attingono a piene mani), molto meno studiati e approfonditi sono i nessi con altri saperi. Mi riferisco a relazioni evidenti anche con il mondo del diritto, che traluce da tanti capolavori: si pensi al problema della revoca del testamento in opere come il “Gianni Schicchi” di Puccini, o alla convivenza more uxorio e alle sue implicazioni in opere come la “Traviata”.
Ma mi riferisco anche alle sollecitazioni che provengono dal “mondo dell’opera” nel suo complesso. Esso pullula di figure professionali, per le quali spesso la formazione avviene “sul campo”, ma in assenza di una cornice di riferimento adeguata. Solo per fare qualche esempio: la comunicazione, lo studio della tutela della proprietà intellettuale, della contrattualistica connessa all’impiego di cantanti e di masse artistiche, al fenomeno delle “coproduzioni”, alla contabilità, al marketing. Sono tutti “terreni” che costituiscono spesso l’ossatura della nostra attività formativa e di ricerca e che potrebbero essere opportunamente curvati per fare del nostro Ateneo un centro di formazione e di ricerca all’avanguardia in questo settore.
*Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Macerata
Collaboratore della rivista musicale parigina Opera International


